venerdì 15 febbraio 2019

"È quasi una magia".

Di nuovo una manciata di personaggi per i quali ho utilizzato gli stessi occhiali (le lenti le ho buttate perché erano orribili: gialle e a specchio).

Questi tre personaggi hanno storie che contengono molti elementi di cruda ineluttabilità: Selma di "Dancer in the dark", Pehran de "Il tempo dei gitani" e Teddy di "Stand by me".

Selma e Pheran sono accumunati dall'aspetto magico e poetico che vede l'una capace di trasformare il ritmo della fabbrica un un musical e di avere dentro di sé un universo talmente ricco, non solo di musica, da farle dire con serenità "to be honest, I really don't care" al pensiero delle meraviglie che presto non sarà più in grado di vedere. Non le importa nemmeno di perdere la vita a causa di un inganno crudele: tutto ciò che vuole è salvare suo figlio dallo stesso destino di cecità che già sta arrivando a colpire lei. E in questo, con il suo sorriso dolcissimo e la sua fiducia incrollabile nel fatto che riuscirà ad aiutarlo, stravince. Anche se la sua uscita di scena spacca il cuore.


Pehran è capace di telecinesi, fenomeno che nelle prime scene viene accompagnato da una musica di Goran Bregovic che sa di infanzia e delicatezza. Diventa via via più cinico, corrotto e dominato dal desiderio di vendetta, tanto che il suo potere magico arriva a perdere la connotazione poetica e diventa strumento per distruggere.
Anche lui andrà incontro alla propria distruzione, però sull'onda del lato oscuro dell'essere umano e non avrà nel cuore la certezza di aver fatto il bene di chi ama.

Ecco la mia reinterpretazione, seguita dalla foto originale: in mancanza di un tacchino, ho chiesto al mio gatto di partecipare 😅.



E ora veniamo al personaggio che tra i tre amo di più.
Teddy, a prima vista, sembra non avere nulla di magico. Non è particolarmente dotato ed è stato profondamente ferito da un padre, a sua volta ferito dall'orrore della guerra. Idealizza il padre, probabilmente perché le violenze da lui subite gli risultano inaccettabili da parte un uomo che non è stato solo un folle pericoloso ma anche un eroe di guerra. Soprattutto, idealizza il padre perché constatare che un genitore non è e forse non sarà mai quello che avremmo voluto non è mai una cosa facile da mandare giù.


Ho scelto di rappresentarlo nel momento in cui se ne esce con l'epica battuta "il pezzo di merda ne ha migliaia di occhi" in risposta a Chris, che gli ha appena dato del pezzo di merda a quattr'occhi.
Gli altri scoppiano a ridere e lui prosegue a commentare il gioco di carte come se niente fosse. Leggendo The body, il racconto di Stephen King dal quale il film è tratto, si scopre che questo genere di battute misteriose ed esilaranti, per poi stupirsi delle reazioni altrui come se non avesse detto nulla di che, è tipico di Teddy. E questo, secondo me, è la sua magia.
La storia ci racconta solo che Teddy, ormai adulto, non riuscirà a realizzare il suo sogno di arruolarsi e morirà prematuramente, quindi anche a lui è riservato un destino molto amaro.
Eppure mi piace immaginarlo mentre continua a far ridere le persone senza averne avuto l'intenzione, mettendo assieme le frasi più improbabili e ad effetto, forse grazie a una qualche dote rinasta cristallizzata sotto al peso della sofferenza e che preme per uscire e sbocciare.

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